29.5.08

Le stanze del cielo, di Paolo Ruffilli


NELLA PAROLA CALMA, LA CHIAVE E UN ALTRO VERSO

Nota a Le stanze del cielo di Paolo Ruffilli



Perché non si incontra realmente mai nessuno.
E’ una tensione insopportabilmente intima e dolorosa, lo spazio della risposta nello spazio: “nella gabbia contro il muro”; è la realtà della reclusione, “causa” della più recente fatica poetica di Paolo Ruffilli.
Molte espressioni nella parola di oggi prendono la strada oscillante tra l’assunzione della lingua anestetizzata del quotidiano, e il verso collocato nell’intarsio per induzione meccanica. La parola, perde il suo ritmo, la direzione principale per il belvedere, e devia per il sentiero illuminato a giorno esclusivamente sull’autore.
Per la poesia di Ruffilli invece luce e visione sono le stimmate dell’oscurità. Nel dire, si drammaturgizza il dolore nei suoi connotati … e il corpo scompare. “L’odore di vita” si guarda intorno e trova “tutto spostato indietro / tutto più lontano”.
Nelle Stanze del cielo la realtà della reclusione è scandita da un ritmo dei versi a-temporale e per spazi anonimi, perché solo tali e in questo modo descrivibili, nel loro stereotipo.
“Ma che significa punire?”, dalle pagine interiori della prigione, diafano e opaco anche il rifiuto (“tenevano difesa / in coro dall’offesa”) finisce per essere salvezza accecante (“ma chi può vivere senza prospettive?”); i personaggi appaiono non come ombre e movimenti sfocati ma in tutta la loro cruda materialità. Il segreto personaggio diviene la gabbia che, d’artificio, si trasferisce in toto dentro il corpo, fin dentro il suo spazio vitale. Il corpo occupa, per l’escluso, la più “intima”, “fruttuosa” occasione per “un altro nome”.
Altro non resta dunque che riconoscere il meccanismo, e cercare quel po’ di riparo (“la sete, il desiderio”), a empire ogni giovinezza più di fatti, non meno di futuro.


Antonio De Rose

20.5.08

Dignità

La pozza d’acqua piovana riflette
i cieli ferrati di una piccola stazione
La campagna, tra gatti e favori
in tema di prossimità ha un brusìo cupo
di topi che rovinano su nasi bitorzoluti
Qualcosa che è diritto fasullo
mito manchevole del luogo

Anche questo, più di tutto spoglia d’impulso
un gusto di voglie ritrovate
Calma rabbia di realtà, nome
di un caso strano e familiare
si arrendono al sonno più vicino
Dopo soltanto, si sbagliava